3.8.09

Fiaba più vera della REALTA'


Fiaba più vera della REALTA'
di Michiamomari

C'era una volta una città così divertente che era famosa in tutto il mondo. I suoi abitanti infatti, lavorando e commerciando senza curarsi d’altro, l'avevano resa favolosamente ricca: i negozi e le strade traboccavano di cose belle, cibi meravigliosi e divertimenti di ogni tipo, che facevano l’invidia di tutte le città più povere. SOLO il Consiglio che la dominava sapeva che dietro questa favolosa ricchezza non c’era solo il lavoro… ma anche un segreto che non si poteva dire. In un rifugio sotterraneo era infatti nascosto un enorme ratto, creatura orribile a vedersi, ma meravigliosa: invece di far la solita, inutile cacca a pallini, questo essere CAGAVA ORO. Veri, grossi, pezzi d’oro! Bastava nutrirlo! E il Consiglio dei Potenti lo nutriva senza posa, si riempiva le tasche e le casseforti erano ancora piene di denaro. C’era solo un piccolo inconveniente: in proporzione a quanto mangiava, il magico ratto espelleva continuamente da sè anche altri topi, che sgattaiolavano via verso le fogne. Ma si sa, nelle fogne i topi ci son sempre stati, e nessuno se ne preoccupava

Sennonché un giorno, improvvisamente, ne furono così piene che cominciarono a traboccare, e un’onda scura di ratti iniziò a risalire verso le strade. All’inizio i ricchi non se ne preoccupavano... infatti erano più che altro i più poveri a essere colpiti. Ma poi quel flagello invase tutta la città e, raggiungendo ogni anfratto, appestò l’acqua e ogni cosa. Cosa farsene di tutti quei divertimenti, quel cibo, quei bei vestiti? Nessuno osava più uscire di casa, tutti erano pelle e ossa per paura di mangiare cibo contaminato e non si sapeva più dove scappare… non c’era più spazio neanche per innamorarsi, i topi erano come orrendi pensieri che invadevano perfino i sogni. Nessuno, nessuno, NESSUNO sapeva più cosa fare. Ed ecco che quando la città è ormai alla disperazione, passa di lì un pifferaio magico. I pifferai magici, si sa, incantano chiunque: sanno ammaliare e possono far sembrare verità la menzogna. Ma questo volle prendersi gioco dei potenti e fece un patto con loro: io libererò la città dai topi, disse, ma non voglio denaro.. in cambio voglio solo la soddisfazione di vedervi dire la verità al vostro popolo. Non ci fu niente da fare, e non c’era più tempo da perdere… ancora un po’ e sarebbero stati tutti divorati. Così il Consiglio fu costretto ad accettare.
Il pifferaio iniziò a suonare, e tra una nota e l’altra cantava: “o topi, il mondo non è che una grande credenza.. ". Questa musica somigliava al rumorino del cacio quando vien grattato, delle mele mature pestate nel mortaio, nei suoi occhi guizzavano fiamme nere.. Ed ecco i ratti affacciarsi da ogni buco e un rosicchìo assordante levarsi come un tuono. Il pifferaio camminava, e i topi dietro. Finché sull’orlo del fiume lui si fermò all’'improvviso, e come una sola, enorme massa compatta essi finirono nell’acqua, che ruggendo li portò via tutti tra mille guizzi d’argento.

Che festa ovunque! In un istante la gioia tronò fra le strade di Hamelin.
Ma il pifferaio non era caduto nel fiume. Gettando guizzi neri dai suoi occhi, si presentò al Re, e disse: ora voglio il mio pagamento. Il Re smise di ridere, impallidì e si sentì svenire. Ah no, eh, questa poi no.. chiedimi qualunque cosa..ma se dirò da dove viene l’oro il popolo ucciderà il ratto! Diventeremo poveri! Ti darò tanto oro quanto pesi. Scampato il pericolo, il Re non se la sentiva di mantenere la promessa. Ma il pifferaio non era abituato a farsi truffare, e non aveva voglia di discutere. Si girò sui tacchi e fece la sua vendetta.
Se ne andò, suonando nel suo piffero una strana melodia. Erano tutti così occupati a divertirsi e a festeggiare che non si accorsero che, ipnotizzati da quella musica, i bambini uscivano dalle case e facevano un lungo corteo dietro a quella musica, nessuno, poteva più sentire altro suono, e quando la gente iniziò a seguirli, a chiamare e a gridare era ormai troppo tardi. Il pifferaio arrivò indisturbato, con il suo bottino vivente, fino a una grossa montagna. Questa si aprì, li inghiottì e si richiuse su di loro per sempre, mentre la città restò sola coi suoi vecchi, l’oro e i topi.

Ma… c’è sempre un MA, per fortuna. Uno, UNO SOLO, fra i bambini, era rimasto fuori… il più piccolo, che non riusciva a stare al passo con gli altri. Vedendo la caverna richiudersi, e tutti i bambini sparire… restò lì tristissimo. Si sentiva terribilmente solo; si struggeva dal desiderio di raggiungere gli altri bambini. Neanche lui sapeva come gli venne quell’idea! Sarà perché anche la sua mamma suonava, e anche a lui il suo papà aveva costruito un piccolo flauto con un pezzo di canna. Fatto sta che estrasse il suo piffero, e davanti alla grande porta di pietra iniziò a suonare le sue note. Erano così maldestre! Ma una forza più grande di lui lo spingeva a suonare, e a suonare, tre giorni e tre notti suonò. Finché le note si fecero più limpide, e penetrarono in alcune fessure nella montagna, e raggiunsero i suoi anfratti segreti. Oh, anche la montagna ha pur sempre un cuore! Come poteva non commuoversi? La roccia iniziò a tremare, come un cuore che si innamora, ed ecco che la grande porta lentamente si aprì. I bambini rivedendo il sole si svegliarono di colpo dal loro torpore, e si riversarono fuori gridando e cantando.
Come si può descrivere la gioia che invase la città, che si credeva ormai morta, e perfino il Re, che si struggeva nel rimorso?
E come sapremo mai se, per il futuro, essi seppero rinunciare al denaro e ai suoi topi, per la gioia che non si può comprare?

22 luglio 2009 di Michiamomari

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