20.8.09

La volpe e l'uva.

FIABE
Le favole, storie per imparare

Più delle fiabe, che pure hanno spesso una loro morale, le favole sono state scritte sempre con intenti morali ed educativi.
Divertendo, esse vogliono sempre insegnarci qualcosa: su noi stessi, sui nostri comportamenti, sui nostri difetti per aiutarci a correggerli.

Un giorno una volpe affamata passò accanto a una vigna e vide alcuni bellissimi grappoli d'uva che pendevano da un pergolato.
- Bella quell'uva! - esclamò la volpe e spiccò un balzo per cercare di afferrarla, ma non riuscì a raggiungerla, perchè era troppo alta. Saltò ancora e poi ancora e più saltava più le veniva fame.
Quando si accorse che tutti i suoi sforzi non servivano a nulla disse: - Quell'uva non è ancora matura e acerba non mi piace! - E si allontanò dignitosa, ma con la rabbia nel cuore.

La favola è scritta per coloro che disprezzano a parole ciò che non possono avere.
morale: Cosi, anche fra gli uomini, c'è chi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze.

9.8.09

La bacchetta magica





La bacchetta magica è uno strumento fondamentale nelle fiabe per i maghi e per le fate.
Serve da elemento di trasmissione tra la forza magica e il mondo: attraverso al bacchetta magica la forza si incanala e può agire direttamente sulal persona o la cosa, spesso trasformandone l'essenza.

In realtà la "bacchetta magica", come strumento di potere, sia religioso-magico che politico, compare nelal notte dei tempi.
Nelle caverne sono stati rinvenuti graffiti raffiguranti figure umane che tenevano in mano delle asticelle, simbolo di potere e prestigio.

I personaggi della corte del faraone erano spesso dotati di bacchette, come si vede nei dipinti murali delle piramidi.

Il dio greco Hermes, messaggero degli dei e conduttore delle anime dei morti agli inferi, possedeva una particolare bacchetta chiamata “Caduceo”, con due serpenti intrecciati.
Secondo Omero una bacchetta magica possedeva anche la maga Circe, con la quale trasformava i suoi prigionieri in porci.

Forse l'idea della bacchetta magica deriva dai bastoni degli Sciamani, specialmente dell'Asia centrale e Siberia, usati per colpire il terreno nelle cerimonie religiose.

Anche nella Bibbia il bastone di Mosè, che si tramuta in serpente e con il quale colpisce l'Egitto con le piaghe è interpretabile come un oggetto simile ad una bacchetta magica.
Anche in molti affreschi del III e IV secolo, all'interno delle catacombe, Cristo viene rappresentato con un bastone simile ad una bacchetta magica o a uno scettro del potere.

La funzione del bastone o bacchetta di operare il passaggio o flusso continuo tra il mondo dei vivi e quello soprannaturale è ben esemplificato da Virgilio che descrive nell'Eneide il "ramo d'oro" senza cogliere il quale Enea non può varcare la soglia dell'aldila':

3.8.09

Una favola per il cuore


CALDOMORBIDI e FREDDORUVIDI

C’era una volta un luogo, molto molto tempo fa, dove vivevano delle persone felici. Due di queste persone, Vera e Luca, vivevano con i loro due figli Elisa e Marco.
In quei giorni felici, quando un bambino nasceva, trovava sempre nella sua culla un piccolo, soffice e caldo sacchetto morbido. E quando il bambino infilava la sua manina nel sacchetto, poteva sempre estrarne un… CALDOMORBIDO!
I CALDOMORBIDI a quel tempo erano molto diffusi, perché in qualunque momento una persona ne sentisse il bisogno, poteva prenderne uno e subito si sentiva calda e morbida a lungo.
Vivere con abbondanti CALDOMORBIDI era, per gli abitanti di questo paese, oltre che un grande piacere, una necessità. Essi sapevano, infatti, da rari casi che si erano manifestati, che la mancanza di CALDOMORBIDI poteva portare ad una strana malattia che avrebbe, piano piano, curvato la spina dorsale e addirittura, in certi casi, fatti prima appassire e poi morire.
Naturalmente in quei giorni era molto facile avere dei CALDOMORBIDI. Si incontrava sempre qualcuno che ne dava e qualcuno che ne prendeva. Qualche volta perché richiesti, altre perché era un piacere distribuirne. NON C’ERA NESSUN IMBARAZZO NEL RICEVERLI, NEL DARLI, NEL CHIEDERLI.
Quando uno, cercando nel suo sacchetto, tirava fuori un CALDOMORBIDO, questo aveva la dimensione di un piccolo pugno di bambino che subito, vedendo la luce del giorno, sorrideva e sbocciava in un grande e vellutato CALDOMORBIDO. E quando veniva posto sulla spalla di una persona, o sulla testa, o sul petto e veniva accarezzato, piano piano si scioglieva, entrava nella pelle e permetteva subito a questa persona di sentirsi bene a lungo. La gente si frequentava molto e si scambiava CALDOMORBIDI. Naturalmente erano sempre GRATIS e averne a sufficienza non era mai un problema.
Con questa abbondanza di CALDOMORBIDI, in quel paese tutti erano felici, caldi e morbidi la maggior parte del tempo.
Ma un brutto giorno la strega cattiva, che viveva da quelle parti, si arrabbiò perché nessuno aveva bisogno di lei, delle sue pozioni e dei suoi unguenti. Allora studiò un piano diabolico.
In una bella mattina di aprile, mentre Vera giocava felice in un prato con i bambini, avvicinò Luca e gli sussurrò all’orecchio:”Guarda come Vera sta sprecando tutti i suoi CALDOMORBIDI dandoli ad Elisa. Sai, se Elisa li prende tutti, può darsi che alla fine non ne rimangano più per te.”
Luca rimase a lungo pensieroso. Poi si voltò verso la strega e disse:”Intendi dire che non troveremo più un CALDOMORBIDO nel nostro sacchetto ogni volta che lo cercheremo?” e la strega trionfante:”Proprio così! Quando saranno finiti non ne avrai assolutamente più!” e volò via sghignazzando. Luca fu molto colpito da quelle parole e da quel momento cominciò ad osservare e a ricordare tutte le volte che Vera dava CALDOMORBIDI a qualcun altro.
Da allora prese ad essere timoroso e turbato, perché gli piacevano i CALDOMORBIDI di Vera e non voleva proprio rimanerne senza. Così cominciò ad intristirsi tutte le volte che vedeva Vera dare un CALDOMORBIDO a qualcun altro. E poiché Vera gli voleva molto bene, smise di regalare CALDOMORBIDI agli altri riservandoli solo per lui.
I bambini, vedendo questo, cominciarono a pensare che fosse cosa cattiva dare CALDOMORBIDI a chiunque e in qualsiasi momento si desiderasse darli o riceverli.
Piano piano, senza neanche accorgersene, diventarono sempre più timorosi di perdere qualcosa. Tenevano d’occhio i loro genitori e, quando vedevano che uno dava un CALDOMORBIDO all’altro, impararono a mostrarsi tristi. Dunque i loro genitori se ne davano sempre di meno e di nascosto, perché pensavano che, in tal modo, non li avrebbero fatti soffrire.
Sappiamo bene come sono contagiosi i timori. Infatti, in men che non si dica, queste paure si sparsero per tutto il paese e ben presto le persone si scambiavano sempre meno CALDOMORBIDI.Nonostante ciò, potevano trovare sempre nel loro sacchetto un CALDOMORBIDO, quando lo cercavano. Ma cominciarono a cercare sempre meno, diventando intanto sempre più avari.
Ben presto si cominciò a sentire la mancanza dei CALDOMORBIDI e la gente sentiva meno caldo e meno morbido.
Poi alcuni di loro cominciarono ad incurvarsi e ad appassire e, talvolta, qualcuno perfino moriva.
Quella malattia che era così rara prima della venuta della strega, ora colpiva sempre più spesso.
Gli affari della strega andarono presto a gonfie vele. Le sue pozioni e i suoi unguenti andavano a ruba. Ma le persone non sembravano stare meglio. La situazione peggiorava di giorno in giorno e la strega cattiva, che in realtà non aveva convenienza nel fatto che la gente morisse, escogitò un nuovo piano.
Fece distribuire a ciascuno un sacchetto apparentemente simile a quello dei CALDOMORBIDI, soltanto che era…freddo.


Dentro il sacchetto della strega c’erano, infatti, i FREDDORUVIDI che facevano sentire la gente fredda e ruvida, non calda e morbida.
Il piano della strega era ben studiato: i FREDDORUVIDI impedivano, infatti, che la schiena della gente si incurvasse più di tanto e, anche se sgradevoli, servivano per tenere in vita le persone.
Così, tutte le volte che qualcuno diceva:”vorrei un CALDOMORBIDO” la gente, che era arrabbiata e intristita, rispondeva:”Non ti posso dare un CALDOMORBIDO, non ne ho neanche per me, gradisci un FREDDORUVIDO?”
A volte capitava che due persone che passeggiavano insieme pensavano, ad un certo punto, che avrebbero potuto scambiarsi un CALDOMORBIDO. Ma, aspettando ciascuno che fosse l’altra persona ad offrirli, finivano per cambiare idea e, alla fine, quello che si scambiavano erano invece dei FREDDORUVIDI.
Stando così le cose, certo la gente non moriva più con la frequenza di prima, ma un sacco di persone erano sempre infelici e sentivano troppo freddo e troppo ruvido.
Questo fu un periodo d’oro per gli affari della strega, che appariva come colei che salvava la gente da questa misteriosa epidemia.
La situazione era preoccupante.
I CALDOMORBIDI, che una volta erano disponibili come l’aria, divennero un bene prezioso e questo fece sì che la gente fosse disposta ad ogni sorta di cose pur di averne.
Altri parevano aver rinunciato per sempre ai CALDOMORBIDI, davano e prendevano FREDDORUVIDI.Altri ancora avevano inventato dei trucchi per camuffare i FREDDORUVIDI: gli davano un’apparenza piacevole e morbida e li spacciavano per CALDOMORBIDI. Questi venivano chiamati”CALDOMORBIDI DI PLASTICA” e combinavano guai ancora maggiori.
Per esempio, quando due persone volevano scambiarsi dei CALDOMORBIDI, pensavano che si sarebbero sentiti bene, ma succedeva che nulla cambiava: continuavano a sentirsi come prima e anche un po’peggio. Ma poiché pensavano in buona fede di essersi scambiati dei CALDOMORBIDI genuini, rimanevano molto confusi e disorientati non comprendendo che il loro freddo e le loro sensazioni sgradevoli erano il risultato del fatto che si erano scambiati FREDDORUVIDI.
La situazione era sempre più grave. I CALDOMORBIDI diventavano sempre più rari e adesso guardati anche con sospetto: “Sarà un CALDOMORBIDO genuino o contraffatto? O forse mi arriverà un FREDDORUVIDO?” C’era dovunque paura… diffidenza… tristezza e tutto questo era iniziato il giorno in cui la strega aveva convinto le persone che a forza di scambiarsi CALDOMORBIDI, nel momento del bisogno, non ne avrebbero più trovati nel loro sacchetto.
Un giorno una graziosa e florida donna nata sotto il segno dell’Acquario, giunse in quel paese sfortunato. Poiché non provava nessun timore che i suoi CALDOMORBIDI finissero, li donava liberamente, anche quando non erano richiesti.
Naturalmente erano molti quelli che la disapprovavano, anche perché pensavano che questo fosse sconveniente, soprattutto per l’educazione dei bambini.
Ma lei piaceva molto ai bambini, tanto che la cercavano in ogni momento. Così anche i bambini cominciarono a provar gusto a dare CALDOMORBIDI agli altri, se ne avevano voglia.
Poiché c’erano molti bambini, forse più dei benpensanti… apparve subito chiaro che la cosa era molto difficile da contenere.
A questo punto sarebbe interessante sapere come andò a finire…
Quella trasformazione si sparse ovunque nel paese e forse toccò anche il luogo dove voi vivete. E se volete, e io sono sicuro che voi volete, potete unirvi ai bambini nell’offrire, nel chiedere, nel ricevere tanti CALDOMORBIDI genuini. In questo modo non vi sarà più il rischio che la vostra spina dorsale si ripieghi facendovi appassire e vivrete sempre sani e felici.


Questa favola è stata scritta dallo psichiatra Claude Steiner, uno dei primi analisti transazionali che si è occupato di CAREZZE.
Nel suo libro “LE CAREZZE COME NUTRIMENTO“, spiega in modo fantastico l’importanza del contatto fisico in ogni rapporto di affetto, a partire da quello tra genitori e figli.


“LE CAREZZE SONO QUELLE CHE TRASFORMANO UN NEONATO IN UN BAMBINO, UN BAMBINO IN UN ADOLESCENTE E UN ADOLESCENTE IN UN UOMO O IN UNA DONNA”


..C’è da rifletterci insieme..cari amici del cuore :-)


Nota: La versione originale di questa favola si intitola “Warm Fuzzy Tale” pubblicato nel ‘69 è corredato di splendide illustrazioni

Per conoscere meglio CLAUDE STEINER, vai su
http://www.emotional-literacy.com/

Per una spiegazione dei Principi base dell’Analisi Transazionale,
vedere la pagina Web:http://www.emotional-literacy.com/coreit.htm

Fiaba più vera della REALTA'


Fiaba più vera della REALTA'
di Michiamomari

C'era una volta una città così divertente che era famosa in tutto il mondo. I suoi abitanti infatti, lavorando e commerciando senza curarsi d’altro, l'avevano resa favolosamente ricca: i negozi e le strade traboccavano di cose belle, cibi meravigliosi e divertimenti di ogni tipo, che facevano l’invidia di tutte le città più povere. SOLO il Consiglio che la dominava sapeva che dietro questa favolosa ricchezza non c’era solo il lavoro… ma anche un segreto che non si poteva dire. In un rifugio sotterraneo era infatti nascosto un enorme ratto, creatura orribile a vedersi, ma meravigliosa: invece di far la solita, inutile cacca a pallini, questo essere CAGAVA ORO. Veri, grossi, pezzi d’oro! Bastava nutrirlo! E il Consiglio dei Potenti lo nutriva senza posa, si riempiva le tasche e le casseforti erano ancora piene di denaro. C’era solo un piccolo inconveniente: in proporzione a quanto mangiava, il magico ratto espelleva continuamente da sè anche altri topi, che sgattaiolavano via verso le fogne. Ma si sa, nelle fogne i topi ci son sempre stati, e nessuno se ne preoccupava

Sennonché un giorno, improvvisamente, ne furono così piene che cominciarono a traboccare, e un’onda scura di ratti iniziò a risalire verso le strade. All’inizio i ricchi non se ne preoccupavano... infatti erano più che altro i più poveri a essere colpiti. Ma poi quel flagello invase tutta la città e, raggiungendo ogni anfratto, appestò l’acqua e ogni cosa. Cosa farsene di tutti quei divertimenti, quel cibo, quei bei vestiti? Nessuno osava più uscire di casa, tutti erano pelle e ossa per paura di mangiare cibo contaminato e non si sapeva più dove scappare… non c’era più spazio neanche per innamorarsi, i topi erano come orrendi pensieri che invadevano perfino i sogni. Nessuno, nessuno, NESSUNO sapeva più cosa fare. Ed ecco che quando la città è ormai alla disperazione, passa di lì un pifferaio magico. I pifferai magici, si sa, incantano chiunque: sanno ammaliare e possono far sembrare verità la menzogna. Ma questo volle prendersi gioco dei potenti e fece un patto con loro: io libererò la città dai topi, disse, ma non voglio denaro.. in cambio voglio solo la soddisfazione di vedervi dire la verità al vostro popolo. Non ci fu niente da fare, e non c’era più tempo da perdere… ancora un po’ e sarebbero stati tutti divorati. Così il Consiglio fu costretto ad accettare.
Il pifferaio iniziò a suonare, e tra una nota e l’altra cantava: “o topi, il mondo non è che una grande credenza.. ". Questa musica somigliava al rumorino del cacio quando vien grattato, delle mele mature pestate nel mortaio, nei suoi occhi guizzavano fiamme nere.. Ed ecco i ratti affacciarsi da ogni buco e un rosicchìo assordante levarsi come un tuono. Il pifferaio camminava, e i topi dietro. Finché sull’orlo del fiume lui si fermò all’'improvviso, e come una sola, enorme massa compatta essi finirono nell’acqua, che ruggendo li portò via tutti tra mille guizzi d’argento.

Che festa ovunque! In un istante la gioia tronò fra le strade di Hamelin.
Ma il pifferaio non era caduto nel fiume. Gettando guizzi neri dai suoi occhi, si presentò al Re, e disse: ora voglio il mio pagamento. Il Re smise di ridere, impallidì e si sentì svenire. Ah no, eh, questa poi no.. chiedimi qualunque cosa..ma se dirò da dove viene l’oro il popolo ucciderà il ratto! Diventeremo poveri! Ti darò tanto oro quanto pesi. Scampato il pericolo, il Re non se la sentiva di mantenere la promessa. Ma il pifferaio non era abituato a farsi truffare, e non aveva voglia di discutere. Si girò sui tacchi e fece la sua vendetta.
Se ne andò, suonando nel suo piffero una strana melodia. Erano tutti così occupati a divertirsi e a festeggiare che non si accorsero che, ipnotizzati da quella musica, i bambini uscivano dalle case e facevano un lungo corteo dietro a quella musica, nessuno, poteva più sentire altro suono, e quando la gente iniziò a seguirli, a chiamare e a gridare era ormai troppo tardi. Il pifferaio arrivò indisturbato, con il suo bottino vivente, fino a una grossa montagna. Questa si aprì, li inghiottì e si richiuse su di loro per sempre, mentre la città restò sola coi suoi vecchi, l’oro e i topi.

Ma… c’è sempre un MA, per fortuna. Uno, UNO SOLO, fra i bambini, era rimasto fuori… il più piccolo, che non riusciva a stare al passo con gli altri. Vedendo la caverna richiudersi, e tutti i bambini sparire… restò lì tristissimo. Si sentiva terribilmente solo; si struggeva dal desiderio di raggiungere gli altri bambini. Neanche lui sapeva come gli venne quell’idea! Sarà perché anche la sua mamma suonava, e anche a lui il suo papà aveva costruito un piccolo flauto con un pezzo di canna. Fatto sta che estrasse il suo piffero, e davanti alla grande porta di pietra iniziò a suonare le sue note. Erano così maldestre! Ma una forza più grande di lui lo spingeva a suonare, e a suonare, tre giorni e tre notti suonò. Finché le note si fecero più limpide, e penetrarono in alcune fessure nella montagna, e raggiunsero i suoi anfratti segreti. Oh, anche la montagna ha pur sempre un cuore! Come poteva non commuoversi? La roccia iniziò a tremare, come un cuore che si innamora, ed ecco che la grande porta lentamente si aprì. I bambini rivedendo il sole si svegliarono di colpo dal loro torpore, e si riversarono fuori gridando e cantando.
Come si può descrivere la gioia che invase la città, che si credeva ormai morta, e perfino il Re, che si struggeva nel rimorso?
E come sapremo mai se, per il futuro, essi seppero rinunciare al denaro e ai suoi topi, per la gioia che non si può comprare?

22 luglio 2009 di Michiamomari

LEGGERE LE FIABE AI BAMBINI


"Quando l'uomo smette di sognare, si ammala!"


Leggere le fiabe ai bambini…


La lettura è un atto del sentimento, un gesto di creazione, una zona ove esercitare la propria libertà:e la base dell’educazione civile



Grazie ai maghi, alle fate e alle principesse, si può imparare a riaccendere la fantasia e la creatività.
A riaprire il nostro cuore.

La verità è che, da GRANDI, non riusciamo piu ad esprimere le nostre gioie, le nostre paure.

Le fiabe, che arrivano direttamente alla coscienza attraverso dei simboli, ci aiutano anche ad affrontare i nostri problemi.
Infatti le fiabe della tradizione trasmettono un insegnamento millenario presente in tutte le culture: un metodo semplice ed efficace per trasformare l'atteggiamento nei confronti della vita e favorirci, quando qualcosa ci sembra impossibile. Le fiabe sono un potente mezzo sia per affrontare situazioni che sembrano non avere sbocchi, sia come strumento per riscoprire la propria creatività, fantasia ed i propri talenti. Sorprendenti, come le stesse fiabe, sono i risultati nelle terapia individuali.

Il RESPIRO in psicologia.

Assieme alle fiabe anche il respiro ha un ruolo di prima piano nella espansione della potenzialità dell'uomo: costituisce un valido strumento in campo psicologico e permette di affrontare naturalmente ed efficacemente grandi e piccole difficoltà moderne, come ansia, attacchi di panico, depressione, alti e bassi emozionali difficili, stress, stanchezza mentale, difficoltà di memoria e concentrazione, per arrivare all'essenza e permetterle di manifestarsi in tutto il suo splendore nella vita di ogni giorno.
"A chi nel cuore è ancora un bambino a tutti i piccoli d'ogni età grazie perchè è bellissimo essere sempre bambini"


Le favole servono a stimolare la fantasia dei bambini, la quale sfocia in due strada. I sogni e la arte.
Lasciare che il bambino sfoghi la propria fantasia solo nei sogni, non l'aiuta a crescere,
Sarebbe bene incanalare la fantasia del bambino sul'unica strada che li porti ad esprimere
le esperienze interiori in modo sano e formativo.
L'arte rimane l'espressione piu alta di ciò che ogni individuo riesce a comunicare del proprio mondo interiore.
E cosi la musica, la pittura, la recitazione, la danza e tutto ciò che è arte, porta la persona a rendersi
libera di esprimersi il modo di recepire il mondo esterno.

Le favole dove sono?
Ce n'è una in ogni cosa.
nel legno, nel tavolino,
nel bicchiere, nella rosa.
La favola sta li dentro
da tanto tempo, e non parla:
è una bella addormentata
e bisogno svegliarla.
Ma se un principe, o un poeta,
a baciarla non verrà
un bambino la sua favola invano aspetterà.

DIFFERENZA FRA FIABE E FAVOLE


DIFFERENZA FRA FIABE E FAVOLE

Esiste una differenza tra fiabe e favole. In entrambi i casi si tratta di brevi narrazioni in prosa o in versi.
La favola ha come protagonisti immaginari animali, piante o esseri inanimati cui si attribuiscono virtù e vizi umani, e i suoi contenuti hanno spesso intenti didascalici o morali.
La fiaba, invece, dove i protagonisti sono solitamente esseri umani alle prese con entità sovrannaturali (streghe, fate, gnomi, orchi ecc.) e oggetti dotati di virtù magiche, svolge più semplicemente una funzione di intrattenimento infantile.
Entrambi i tipi di narrazione hanno comunque strutture molto simili, come rivela del resto la comune etimologia latina, fabula, un termine che deriva dal verbo fari (parlare) e che richiama dunque l'importanza della comunicazione orale in questo genere espressivo.
La differenziazione tra favola e fiaba può essere considerata come un'evoluzione diversa del medesimo genere in contesti culturali differenti: la favola è più vicina a tradizioni classiche e mediterranee; la fiaba risente maggiormente delle influenze folcloristiche delle civiltà nordiche.
La favola Tra le più antiche favole di animali troviamo quelle del greco Esopo (VI secolo a.C.), ampiamente diffuse nel mondo greco e latino, dove furono riprese da Fedro (I secolo d.C.). In età bizantina, la raccolta curata dal monaco Massimo Planude costituì per molto tempo una delle principali fonti di conoscenza della favolistica antica.
La più famosa raccolta indiana, il Pañcatantra (IV secolo ca. d.C.), venne tradotta in oltre cinquanta lingue esercitando notevoli influssi sulle letterature occidentali.
In età medievale, quando gli intenti della favola divennero più esplicitamente moraleggianti, gli esempi più interessanti comparvero nella letteratura francese, dove, oltre alle favole di Maria di Francia (XII secolo), troviamo il Roman de Renart, satira su vizi e debolezze della società dell'epoca.
La favola ebbe la massima affermazione nel Seicento, ancora in Francia, nell'opera di La Fontaine (1668-1694), i cui contenuti non sono più subordinati all'esposizione della morale conclusiva, ma diventano narrazioni autonome.
Nel Settecento i principi teorici del genere favolistico vennero esposti dal tedesco Gotthold Ephraim Lessing, mentre il poeta inglese John Gay scrisse favole particolarmente briose e originali. Dello spagnolo Tomás de Iriarte y Oropesa si ricordano le Fábulas literarias (1782).
La fiaba Nell'Ottocento furono pubblicate le fiabe del famoso scrittore danese Hans Christian Andersen, molte delle quali sono in realtà favole.
Negli Stati Uniti, a partire dalle Fables in Slang (1890), di George Ade, si sviluppò una particolare forma di favola contemporanea, i cui autori principali furono Ambrose Bierce, James Thurber e William Saroyan.Tra le più importanti raccolte di fiabe ricordiamo: Lo cunto de li cunti (1634-1636) del napoletano Basile, I racconti di Mamma Oca (1697) del francese Perrault, le famosissime Fiabe per bambini e famiglie (1812-1824) dei fratelli Grimm, le Fiabe popolari russe (1863) di Alexandr Afanas'ev e le Fiabe irlandesi di William Butler Yeats. Di notevole interesse sono inoltre le Fiabe italiane
regionali (1956) raccolte e rielaborate da Italo Calvino, e molto istruttivi sono tutti i libri di favole e filastrocche dello scrittore per l'infanzia Gianni Rodari. Un indispensabile punto di riferimento nell'analisi delle strutture e dei motivi ricorrenti nel racconto di magia è la Morfologia della fiaba -192 di Vladimir Propp.-