27.7.09

12 mesi di fiori e favole


Gennaio: IL CROCUS
Febbraio: LA PRIMULA
Marzo: il NARCISO
APRILE : LA VIOLA MAMMOLA
Maggio: IL TULIPANO
Giugno: IL PAPAVERO
Luglio: IL FIORDALISO
Agosto: IL GIRASOLE
Settembre: LA STELLA ALPINA
Ottobre: IL VIBURNO
Novembre: IL CRISANTEMO
Dicembre: L'ELLEBORO




12 mesi di fiori e favole


Gennaio: IL CROCUS

Secondo la tradizione popolare ladina, il croco è un fiore di origine divina che vuole ricordare la generosità di un nobile principe.
Mandato dal padre a conoscere la futura sposa, il principe Labino partì con un gran seguito e un ricco tesoro da portare in dono. Strada facendo, però, distribuì tutti i suoi averi ai bisognosi che incontrò, tanto che rimase senza nulla. Allora il suo seguito lo abbandonò e Labino continuò il viaggio da solo, avvolto in un mantello di seta viola foderato di raso bianco. Era la sua ultima ricchezza, ma non esitò a privarsene, quando trovò sulla via un vecchio infreddolito. Ormai Labino era talmente povero che rinunciò a presentarsi alla promessa sposa. E restò sui monti, ad aiutare un pastore. In inverno il principe si ammalò. Sentendo vicina la fine, chiamò il pastore. Gli chiese di poter dormire per l'eternità in un prato ai margini del bosco e di fare avere al re, suo padre, i fiori che sarebbero sbocciati sulla sua sepoltura. Il pastore poté rispettare solo la prima delle volontà di Labino, perché la neve era ancora alta e nessun fiore riusciva a sbocciare. Una notte, all'uomo apparve in sogno il Signore che gli disse di andare alla tomba, il mattino dopo. E l'indomani, fu grande la meraviglia del pastore nel trovarla coperta da un mantello di teneri fiori violetti che sbucavano dalla neve scintillante.
Un dono di Dio affinché lui potesse esaudire l'ultimo desiderio di Labino.


Febbraio: LA PRIMULA

Un'antica fiaba Boèma racconta che in un'estate lontana e molto afosa, un re insofferente per il gran caldo maledì la stagione, invocando il gelo.
Subito fu accontentato e la Regina dell'Inverno arrivò su una carrozza di ghiaccio, per avvolgere il regno in un freddo pungente. Trascorsero i mesi e, notando che il gelo non accennava ad andarsene, il re cominciò a preoccuparsi, perché i suoi sudditi erano sempre più infelici. Anche sua figlia, la principessa Valentina, si era intristita e trascorreva il tempo davanti al camino, in attesa di una primavera che non arrivava mai. Un giorno, proprio dalle fiamme che Valentina stava osservando, prese forma una fanciulla incoronata di fiori, con in mano una piccola pianta. La visione disse alla principessa di essere la Primavera e le spiegò che per rompere l'incantesimo del freddo perenne, occorreva un altro incantesimo, quello del richiamo. Quindi le consegnò la pianticella verde e le disse di interrala in giardino. La principessa tentò subito di farlo, ma la terra gelata era dura come sasso e le sue mani si ferirono, fino a farla piangere per il dolore. Le lacrime calde caddero nel terreno, che si ammorbidì e lei poté finalmente interrare la piantina. Subito i boccioli si dischiusero in tanti fiorellini gialli come il sole. E, richiamata da quel cespo fiorito, tornò la Primavera. La gente, felice, riprese ad uscire e quando vide il nuovo fiore che aveva avuto la forza di vincere il freddo, lo chiamò primula, ossia primo fiore.


Marzo: il NARCISO

La storia del narciso trae l'origine dal mito greco di Narciso, il bellissimo figlio di una ninfa e di un fiume. Di lui erano innamorate tutte le ninfe del bosco e più di ogni altra Eco, che un giorno riuscì finalmente a dichiarargli tutto il suo amore. Lui, però, non provò che noia per i sentimenti della ninfa e si allontanò da lei, lasciandola umiliata e addolorata.
Eco, allora, supplicò il cielo di fare giustizia e di condannare Narciso ad amare qualcuno che non avrebbe avuto mai. Gli dei vollero accontentarla e, quando il giovane si avvicinò a una fonte per dissetarsi, lo fecero innamorare dell'immagine che vide riflessa nell'acqua, cioè di se stesso.
Qualcuno dice che, spinto dal desiderio di toccare quell'immagine, Narciso scivolò in acqua e annegò; altri sostengono che rimase a così lungo a rimirarsi su quella riva che vi morì. Ma tutti sono d'accordo su ciò che successe dopo. Là dove lui lasciò la vita, nacque un bellissimo fiore la cui corolla ripiegata sullo stelo sembrava rispecchiarsi nell'acqua.
Quel fiore divenne il simbolo della vanità e fu chiamato narciso.


APRILE : LA VIOLA MAMMOLA

La mitologia greca narra che fu Zeuss, il re degli dei, a far spuntare le prime viole. Ma per spiegarne il motivo, occorre raccontare di quando il dio si innamorò della bellissima IO, ninfa fluviale e sacerdotessa della sua sposa, Hera. Per sedurre la fanciulla, Zeuss mandò sulla terra una fitta nebbia entro cui Io smarrì la strada di casa. In quella nebbia lui comparve e l'amò, certo che nessuno potesse vederlo. Ma Hera, insospettita per le continue infedeltà di Zeuss. scese dall'Olimpo ordinando alla nebbia di dissolversi.
Al re degli dei rimase giusto il tempo di trasformare Io in giovenca, prima che la moglie lo trovasse. Hera non si lasciò ingannare dalla sua aria innocente e chiese ed ottenne di avere in dono la giovenca. Temendo poi che il marito se la riprendesse, affidò l'animale alla custodia di Argo, il gigante dai cento occhi. Chiusa nel corpo della giovenca, Io soffriva e faticava anche a nutrirsi, poiché l'erba dei prati era ispida e dura. Zeuss, allora per timore che la bella da lui amata morisse, fece spuntare tra l'erba piccoli fiori dolci e profumati dal colore violetto come gli occhi di lei.
E anche dopo che Zeuss ebbe restituito ad Io le sue sembianze, quei fiori, che i greci chiamano ION, fiori di IO, continuarono a fiorire tra l'erba ad ogni primavera.


Maggio: IL TULIPANO

Una leggenda orientale attribuisce l'origine del tulipano a una toccante storia d'amore. In un villaggio della Persia viveva un artigiano di tappeti che aveva una figlia di nome Ferhad. I tappeti dell'uomo erano così belli che molti mercanti venivano dalla capitale, Isfahan, per comprarli. Mentre erano al villaggio, i mercanti decantavano le magnificenze della città e Shirin, il giovane apprendista promesso sposo di Ferhad, ascoltava con attenzione. Shirin era molto ambizioso e quando venne a sapere che nella capitale cercavano artigiani, decise di partire, promettendo a Ferhad di tornare presto per farla sua sposa. Passò molto tempo e poiché Shirin non tornava, Ferhad sellò un cavallo e partì per andarlo a cercare. Viaggiò a lungo e quando vide la città all'orizzonte era così stremata che cadde da cavallo, slogandosi una caviglia. L'animale fuggì e Ferhad fu costretta a proseguire trascinandosi a carponi. Le pietre aguzze, tuttavia, le provocarono ferite mortali e lei non arrivò mai a Isfahan. Ma la terra, che bevve il suo sangue, generò grandi fiori rossi, a testimonianza del suo amore: i tulipani.


Giugno : IL PAPAVERO

Una leggenda che prende spunto dalla mitologia, collega l'origine del papavero alla vicenda di Proserpina, la bellissima figlia di Giove e della dea della Terra, che un giorno di giugno, mentre coglieva fiori in un prato di Sicilia, fu rapita da Plutone, dio degli inferi, che volle farla sua sposa.
Quando la madre di Proserpina, Demetra, venne a sapere che la figlia avrebbe trascorso il resto dell'esistenza nel mondo sotterraneo su cui regnava Plutone, si disperò e corse a chiedere a Giove di intervenire.
Giove, tuttavia, non fece nulla. Anzi, tentò di convincere Demetra della felice sorte che aveva avuto la loro figlia, divenuta regina. Ma Demetra non si lasciò lusingare e, presa dal suo dolore, cessò di occuparsi della Terra, tanto che presto ogni cosa avvizzì. Giove, allora, cominciò a temere per la vita delle creature e pregò Demetra di tornare a compiere il suo dovere. In cambio avrebbe convinto Plutone a lasciare tornare sulla terra Proserpina per almeno sei mesi ogni anno. Così fu e quando a primavera Proserpina tornò alla luce del sole, i prati si coprirono di erbe e fiori e tra le spighe di grano sbocciarono i papaveri, il cui caldo colore doveva ricordare a Proserpina la passione dello sposo che l'aspettava.


Luglio : IL FIORDALISO

In Alto Adige si racconta di una principessa molto buona e bella, con grandi occhi del colore del cielo, che si chiamava Drusilla e viveva serena in un castello. Un giorno, un cavaliere si smarrì nei boschi e chiese ospitalità alla principessa che nel vederlo se ne innamorò. Il suo amore fu subito ricambiato e presto il cavaliere la chiese in moglie. Per qualche tempo i due sposi vissero felici, ma con l'arrivo dell'inverno, il cavaliere si fece triste ed irrequieto. Stare sempre rinchiuso nel castello lo annoiava, perciò decise di partire, promettendo a Drusilla di ritornare nella bella stagione. Lei, che desiderava vederlo felice, lo lasciò andare e, allo sbocciare della primavera, cominciò ad aspettarlo. Ma arrivò anche l'estate e lui non tornò. La delusione fu così grande che Drusilla si ammalò e disse alle fide ancelle che avrebbe voluto morire per porre fine al suo dolore, ma anche vivere per vedere tornare il suo amore. Le ancelle piansero, dicendo che se lei fosse morta, sarebbero morte anche loro. Quei discorsi furono ascoltati dalla Fata dei Fiori che, mossa a pietà per tanta devozione, sia da parte della sposa per il marito, sia da parte delle ancelle per la principessa, fece morire ed insieme vivere Drusilla e le sue ancelle. Trasformò le ancelle in fiori di cicoria, azzurri come i loro occhi, e la principessa in Fiordaliso che da allora, ad ogni bella stagione, sbocciano insieme sul ciglio delle strade o nei campi, sempre sperando di veder comparire il lontananza il cavaliere.


Agosto : IL GIRASOLE

Una leggenda racconta di un ragazzo di nome Giovanni che aveva lasciato la sua casa per compiere un'impresa da vero uomo ed era riuscito nell'intento salvando il sole da un drago che voleva oscurarlo.
Durante l'assenza, però, una strega aveva sorpreso la sua fidanzata, Caterina, a girare intorno alla casa vuota e l'aveva trasformata in uno steccato, dicendole che sarebbe tornata fanciulla solo se avesse avuto vicino il sole di notte. Quando Giovanni arrivò a casa, trovò la sua abitazione recintata.
Sconcertato, si sedette in giardino e intanto scese la notte.
Nel silenzio, sentì la voce di Caterina, imprigionata nello steccato, che gli raccontò l'accaduto. Giovanni allora chiese aiuto al Vento del Sud che volò a casa del sole e si fece dare uno dei suoi raggi. Poi lo lasciò cadere a terra chiuso in un seme e gli uccelli lo portarono allo steccato, dove Giovanni lo piantò e innaffiò di lacrime. Subito spuntò un fiore grande e giallo. Sotto quel sole notturno, l'incantesimo si ruppe e Caterina potè riabbracciare il fidanzato. Nei giorni seguenti, i due innamorati notarono che il nuovo fiore seguiva il percorso del sole. E lo chiamarono Girasole.


Settembre: LA STELLA ALPINA

Narra una leggenda ladina che in un paesino ai piedi di un monte viveva un giovane mugnaio, CEPIN, innamorato della bella e superba figlia del borgomastro. Quando CEPIN si dichiarò, lei, che non lo riteneva alla sua altezza, lo sfidò a portarle l'acqua della vita. Era un'impresa impossibile perché quell'acqua sgorgava da una fonte sulla cima della montagna ed era protetta da nani malvagi. Ma CEPIN non si spaventò, prese una borraccia e scalò il monte. Arrivato in cima, vide la sospirata fonte e si avvicinò per riempire la borraccia, ma la superficie dell'acqua era liscia e dura come il vetro. Disperato, CEPIN disse che quell'acqua non era di vita, ma di morte, perché lui sarebbe morto, senza la fanciulla che amava.
Come per magia l'involucro duro si dissolse facendo apparire una distesa di fiori bianchi e vellutati a forma di stella. CEPIN ne colse un mazzolino e fece per andarsene, ma i nani lo catturarono e lo scagliarono giù dalla montagna. Mentre precipitava, le stelle gli sfuggirono di mano e si persero fra le rocce, dove da allora fioriscono ogni estate. Uno di quei fiori, però, si fermò sul cuore di CEPIN, salvandogli la vita. Dopo la brutta caduta, CEPIN capì che non valeva la pena di rischiare la vita per una donna capricciosa, così sposò una brava ragazza modesta e gentile.
E non se ne pentì mai.


Ottobre: IL VIBURNO

Una fiaba boèma racconta di un giovane di nome Lucindo che si mise in testa di diventare re e per questo lasciò la famiglia per seguire un mercante ebreo. In un paese deserto nel quale capitò per caso con il compagno, Lucindo fu messo alla prova dagli spiriti dei defunti. Lui fu generoso e caritatevole e diede sepoltura ai corpi delle anime tormentate.
Allora, sulla tomba ancora fresca, crebbe un cespuglio dai fiori bianchi e un pettirosso fatato disse a Lucindo che quei fiori di Viburno l'avrebbero reso invincibile. Il giovane ne colse qualcuno e proseguì il cammino, finche non giunse in un regno che aveva perduto da poco il re ed era governato da dodici savi. Su quel Paese gravava però la minaccia di un terribile drago con dieci teste, al quale ogni anno andavano sacrificati dieci giovinetti. Lucindo si offrì di andare ad affrontare il drago e, fiducioso nella sua invulnerabilità, per dieci volte decapitò la mostruosa creatura con il solo aiuto di un semplice bastone. Il popolo lo acclamò con tutti gli onori e lo fece re. L'amico ebreo rimase al fianco di Lucindo come consigliere. E ogni decisione importante venne sempre presa dai due passeggiando in giardino: una rigogliosa macchia di viburni che in primavera fioriva di nuvole bianche e in autunno si copriva di bacche vermiglie.


Novembre: IL CRISANTEMO

Una leggenda giapponese vuole che un tempo vivessero in un villaggio una graziosa fanciulla di nome Masako con i suoi genitori. Purtroppo i giorni della serenità cessarono di colpo, quando il padre della ragazza dovette partire per la guerra. Per qualche tempo madre e figlia si rassegnarono all'attesa. Ma quando fu certo che il padre di Masako non sarebbe più tornato, la madre si ammalò così gravemente di malinconia che Masako cominciò a temere di perdere anche lei. Disperata, si rivolse alla Dea del Sole per sapere quale rimedio avrebbe fatto guarire la madre. Ma la Dea scosse il capo. Le disse di tornare a casa, di scegliere un fiore del suo giardino e di contarne i petali. I giorni di vita della sua mamma sarebbero stati tanti quanti i petali del fiore. Purtroppo Masako non trovò che fiori con più di sette petali e la sua tristezza divenne grande. Poi però ebbe un'idea luminosa: tagliò ogni petalo del fiore prescelto in innumerevoli striscioline che corrispondevano ad altrettanti giorni. Fu così che nacque il crisantemo, un fiore generato dalla forza dell'amore di una fanciulla per la sua mamma.


Dicembre: L'ELLEBORO

Stando alla leggenda, il bel fiore dalla corolla candida e dal cuore d'oro, sbocciò per la prima volta nei giorni del Natale ad opera di un angelo.
Per questo è anche chiamato ROSA DI NATALE.
Davanti alla grotta del Bambinello sfilavano in quei giorni le genti ogni Paese. Poveri e ricchi, grandi e piccini, vecchi e giovani, giungevano da ogni dove per venire ad adorare il Redentore e ciascuno aveva un regalo da deporre ai suoi piedi, in cambio del grande dono che Lui aveva fatto all'umanità venendo al mondo. Ma nei pressi della grotta che accoglieva Gesù Bambino c'era una povera bambina infelice che avrebbe tanto desiderato farsi avanti con gli altri per vedere il neonato, ma che non osava farlo perché non aveva nulla da portare in dono. Così, nell'ombra, la piccina se ne stava a guardare e piangeva sommessamente.
Un angelo la vide e le si avvicinò chiedendole perché mai piangesse in mezzo a tanta felicità e la piccola gli mostrò le manine vuote, spiegando il motivo della sua tristezza. L'angelo allora sorrise e raccolse nella coppa della mano qualche lacrima della piccina. Poi si chinò e lasciò scivolare a terra quel pianto. Sotto lo sguardo stupito della bimba crebbe un folto cespuglio di foglie in mezzo al quale si aprirono le bianche rose di Natale.
L'angelo ne fece un mazzo, lo annodò coi fili d'oro dei suoi capelli e lo pose tra le braccia della bambina che, tornando a sorridere, lo portò a Gesù.

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