30.11.09

Carlo Collodi

Carlo Collodi
Collodi, Carlo (alias Carlo Lorenzini)

Carlo Collodi nasce a Firenze nel 1826 con il nome di Carlo Lorenzini:
Collodi non è altro che il nome del paese di cui era originaria la madre
(all'epoca il paese Collodi era in provincia di Lucca, a partire dal 1927 è in provincia di Pistoia).
Abbracciando le idee mazziniane, partecipa alle rivolte risorgimentali del 1848-49.
Egli trova la sua vera strada quando, già avanti con l'età, si dedica alla letteratura per l'infanzia. Come funzionario al servizio dello stato unitario appena formato, inizia con la traduzione dei racconti delle fate di Perrault, per poi lavorare a vari libri pedagogici per la scuola.
Dopo Giannettino (1875) e Minuzzolo (1877)
scrive il suo capolavoro Le avventure di Pinocchio, che apparvero per la prima volta sul Giornale dei bambini nel 1881, con il titolo La storia di un burattino facendole terminare con il quindicesimo capitolo

Fedro

Fedro

Fedro è stato un favolista latino del I secolo d.C. Nativo della Macedonia, fu liberto di Augusto; poi sotto Tiberio subì le persecuzioni dei Seiano, che si era sentito colpito da qualcuna delle favole di più chiaro tono satirico; evidentemente riuscì a cavarsela; poiché continuò a scrivere fino al regno di Claudio.

Fedro introdusse nella poesia latina il genere della favola, riprendendo le favole esopiche cercando di adattarle all'ambiente romano. La sua opera non va però considerata come semplice rielaborazione di quella esopica. Invenzione di Fedro sono gli aneddoti storici, le novelline e i racconti allegorici. L'accento pessimistico che colora la semplicità e la naturalezza dei suoi senari giambici è personalissimo. Nel prologo del I libro (dei 5 da lui scritti) l'autore afferma che lo scopo dell'opera è duplice: stimolare il sorriso e dare ammaestramenti morali.

J.de La Fontaine

J.de La Fontaine
Prodotto dell'immaginario collettivo, partecipe di un fondo comune di conoscenze immediate, risalente probabilmente a un modello orientale, la favola si codifica in testi redatti sia in prosa sia in versi con finalità a carattere morale-didascalico, pertanto la sua trama non si esaurisce nella vicenda narrativa, ma vuole piuttosto evidenziare un messaggio di ordine etico, giacché assai spesso gli scrittori se ne valsero in rapporto a un contesto politico-sociale corrotto, da biasimare. Ed è proprio grazie a Jean De La Fontaine che la favola conosce il proprio momento d'auge in Europa durante il '700...

Esopo
Esopo è stato un favolista greco del VII o VI sec, a. C., della cui vita pochissimo ci è noto. Probabilmente frigio di nascita, fu dapprima schiavo: poi, liberato da Xanto, compì numerosi viaggi. Una leggenda narra che, incaricato da Creso, re di Lidia, di portare offerte ad Apollo Delfìco, fu profondamente sdegnato dalla corruzione dei sacerdoti del tempio. Essi per vendicarsi nascosero tra i suoi abiti una coppa d'oro accusandolo poi di averla rubata: gli abitanti di Delfo lo condannarono per questo ad essere gettato dalla rocca Jampea. Un'altra leggenda lo dice gobbo e balbuziente. Esopo, dallo spirito argutissimo e geniale, compose numerose favole, spesso riferite agli animali, ma con trasparenti allusioni al mondo degli uomini. Le redazioni a noi giunte delle favole di Esopo sono dell'età ellenistica: si tratta di 400 favole brevi e di stile sobrio, concluse da una breve morale. I personaggi sono per lo più animali, ma anche uomini e dèi, o piante. Fra i maggiori imitatori delle favole esopiche furono Fedro e La Fontaine. La grande fama di Esopo e dei suoi protagonisti è dovuta alla semplicità e freschezza di efficacia educativa, dai temi perennemente vivi delle favole che riflettono la sapienza morale del popolo ma anche dalla forma allegorica.

Charles Perraut

Charles Perraut
La sua fama è legata a I racconti di mia madre l'Oca (Contes de ma mère l'Oye, 1697).
Si tratta di undici racconti di fate, otto in prosa e tre in versi, comprendenti alcuni dei più famosi e splendidi esempi di letteratura:

La bella addormentata nel bosco (La belle au bois dormant)
Cappuccetto Rosso (Le petit chaperon rouge)
Barba blù (Barbe bleue)
Il Gatto dagli stivali (Le chat botté )
Cenerentola (Cendrillon)
Pelle d'Asino (Peau d'âne)

Con questi racconti Perrault inaugurò un genere letterario, la fiaba, che non aveva in Francia precedenti letterari. I soggetti, ripresi dalla tradizione orale della favolistica popolare, raggiungono con lui una perentoria evidenza d'arte, per la perfetta semplicità e naturalezza dello stile che possiede una prodigiosa sobrietà .
Le sue fiabe sono divenute dei classici della letteratura per l'infanzia.

FRATELLI GRIMM

FRATELLI GRIMM

Jakob Ludwig Karl Grimm nacque a Hanau nel 1785 (morì a Berlino nel 1863).
Professore di lettere antiche e bibliotecario di Gottinga, fu destituito nel 1837 a causa delle sue idee liberali. Nel 1840 Friedrich Wilhelm IV lo chiamò a Berlin.
Con il fratello Wilhelm Karl (1786\1859), pubblicò una raccolta di Saghe tedesche (Deutsche Sagen, 1816-1818) e una di Fiabe (Kinder und Hausmärchen, 1812-1822), riprese dalla viva voce del popolo.
Sono testi orali, che spesso riprendono motivi di altri paesi.

Le due raccolte di saghe e fiabe ebbero vasta risonanza.
Biancaneve e i sette Nani
Pollicino
Hansel e Gretel
Riccidoro e i Tre Orsi

FIABE ANDERSEN

Il senso dietro la "fiaba"

"Adesso era felice di avere sofferto pene e travagli, perché lo avevano reso capace di godere pienamente dei piaceri e della gioia che lo circondava; perché ora i grandi cigni nuotavano intorno al nuovo venuto, e gli carezzavano il collo con i loro becchi, porgendogli il benvenuto". Il Brutto Anatroccolo.


FIABE ANDERSEN (Hans Christian)

La vita, le opere e le fiabe di Hans Christian Andersen.
Scrittore danese, famoso per le sue favole solo apparentemente destinate al pubblico dei più piccoli e rivolte, invece, anche agli adulti. La sua produzione è caratterizzata da una scrittura colloquiale e apparentemente ingenua, che vela i sofisticati insegnamenti morali delle sue favole.
Prima di ottenere il successo come romanziere e commediografo, Andersen studiò da attore e da cantante. Molti dei suoi racconti descrivono personaggi che trovano la felicitá dopo essere passati attraverso sofferenze e conflitti, come Il Brutto Anatroccolo e La Sirenetta, due tra le opere più famose dello scrittore.
Hans Christian Andersen nacque nei bassifondi di Odense, in Danimarca. Suo padre, Hans Andersen, era un povero calzolaio convinto di avere origini aristocratiche; la madre, Anne Marie Andersdatter, faceva la lavandaia. Per nulla colta e molto superstiziosa, rappresentó per il figlio il contatto col mondo del folklore e del mistero fiabesco. Divenne alcolizzata e morí nel 1883 in una casa di riposo per anziani indigenti. Si dice che la sorellastra di Andersen, Karen Marie, per qualche tempo visse come prostituta. Contattó il fratello solo un paio di volte, prima di morire nel 1846.

Da piccolo Andersen ricevette un'istruzione superficiale. Bimbo piuttosto emotivo, era soggetto ad ogni tipo di paure e, a causa della sua altezza, sproporzionata per l'età, e dei suoi interessi "effeminati" veniva spesso preso in giro dai compagni di scuola. Incoraggiato dai genitori, già da piccolo componeva le sue prime favole per sé stesso ed inscenava spettacoli di marionette. Suo padre amava la letteratura e lo portava spesso a teatro. "Mio padre esaudiva tutti i miei desideri", scrisse Andersen in The True Story of My Life (1846).
"Io ero completamente padrone del suo cuore, egli viveva per me. La Domenica mi fabbricava stereoscopi, teatrini e quadri, mi leggeva dei passi dalle commedie di Holberg e dai Racconti Arabi. É solo in quei momenti che posso dire di averlo visto davvero felice, perché non era mai stato soddisfatto della sua vita di artigiano."

Nel 1816 il padre morí e Andersen fu costretto ad iniziare a lavorare. Fu apprendista presso un sarto tessitore e, in seguito, in una fabbrica di tabacco. Anche stavolta il suo aspetto e i suoi modi furono presi di mira: una volta i suoi colleghi gli calarono i pantaloni perché sopettavano che fosse una ragazza.
Quando compì quattordici anni Andersen si trasferí a Copenhagen, per iniziare la carriera di cantante, attore e ballerino – aveva una bellissima voce da soprano. I successivi tre anni furono pieni di difficoltá, ma trovò lo stesso dei sostenitori che gli spianarono la strada, riuscendo a diventare membro del Royal Theater.
Quando, infine, qualcuno lo chiamó casualmente poeta, scatenó in lui un cambiamento di piani: "Mi trapassó l'anima ed il corpo, e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Sapevo che, da questo momento, la mia mente si era risvegliata alla scrittura e alla poesia." Cominció quindi a scrivere commedie, le quali vennero, però, puntualmente rifiutate.

Nel 1822 Jonas Collin, uno dei direttori del Royal Theater ed influente ufficiale del governo, diede una donazione ad Andersen per permettergli l'ingresso alla scuola di letteratura di Slagelse.
Visse nella casa del preside Meisling, il quale era infastidito da questo studente ipersensibile di cui provó a temprare il carattere. In mezzo ad un gruppo di allievi molto più giovani – avevano più o meno tutti undici anni - Andersen, che era di sei anni piú vecchio e aveva un aspetto piuttosto curioso (naso molto lungo e occhi ravvicinati) spiccava decisamente, attirando su di sé attenzioni non volute. Grazie ad un corso di lezioni private che Collin organizzó nel 1827 appositamente per lui, fu in seguito ammesso all'universitá di Copenhagen, presso la quale completó gli studi.

Nel 1828 scrisse un racconto di viaggio, Fodreise fra Holmens Kanal Til Østpynten af Amager, una storia fantastica nello stile dello scrittore romantico tedesco E.T.A. Hoffmann, pubblicò il poema The Dying Child in un giornale di Copenhagen e il Royal Theater produsse, nel 1829, un suo dramma musicale.
Phantasier og skisser, una collezione di poesie, vide la luce quando Andersen si innamorò di Riborg Voigt, segretamente fidanzata con il figlio del farmacista locale. "Aveva un adorabile volto, come quello di una bambina, ma i suoi occhi erano vivaci e pensierosi, marroni e vividi" ricorda Andersen in The book of my life. Riborg sposò il figlio del farmacista, Poul, nel 1831, e quest'epilogo si rivelerà per lo scrittore una terribile delusione d'amore, che lo accompagnerà per tutta la vita: una sacca di pelle contenente una lettera della donna fu trovata al collo dello scrittore quando morí. Anche Evard, il figlio di Jonas Collin, ed Henrik Stempe furono, negli anni intorno al 1840, oggetti degli innamoramenti, mai concretizzati, dello scrittore.
"Vorrei davvero essere morto", disse Andersen ad uno dei suoi amici nel 1831, esprimendo non solo i suoi sentimenti riguardo alla storia d'amore non riuscita con Riborg, ma citando anche le parole di Werther dall'omonimo romanzo di Goethe del 1774. Andersen non incontró mai Goethe, ancora vivo quando fece il suo primo viaggio in Germania, visita che ispiró uno dei suoi numerosi racconti di viaggio.
Dal 1831 in avanti viaggió molto in Europa, e rimase un appassionato viaggiatore per il resto della vita, traducendo in racconti le impressioni che ogni luogo lasciava su di sé: scrisse racconti sulla Svezia, l'Italia, la Spagna, il Portogallo ed il Medio Oriente. Durante i suoi viaggi incontró, tra gli altri, Victor Hugo, Heinrich Heine, Balzac, e Alexander Dumas; dedicó A poet's day dreams (1853) a Charles Dickens, che aveva incontrato a Londra nel 1847. E a Roma incontrò il giovane scrittore norvegese Björnson.

Il primo lavoro che rese famoso Andersen come romanziere fu L'improvvisatore (1835). Ambientato in Italia, racconta la vicenda autobiografica dell'integrazione di un ragazzo povero nella società del tempo, un tema simile a quello del Brutto Anatroccolo e della scoperta di sé al quale Andersen sarebbe tornato in molti dei suoi lavori. Il libro ottenne un successo internazionale mentre l'autore era ancora in vita e rimase il più diffuso di tutti i suoi lavori. E.B. Browning scrisse affettuosamente al futuro marito descrivendo il romanzo, e dedicò la sua ultima poesia allo scrittore danese, nel 1861, poco prima della morte. Solo un violinista (1837), altro romanzo di Andersen, fu invece duramente criticato dal filosofo Søren Kierkegaard nel suo libro Af En endnu Levendes Papirer (1838, Dalle carte di uno ancora in vita), in cui scrisse: "La lotta priva di gioia che costituisce la vera vita di Andersen ora si ripete nei suoi scritti." Poco più tardi Andersen si vendicò con la commedia En Comedie i det Grønne (1840), che aveva un filosofo impacciato tra i protagonisti.

La fama di Andersen è dovuta principalmente alle sue Favole e Storie, scritte tra il 1835 ed il 1872. Favole, narrate per bambini apparve in un piccolo libretto a buon mercato nel 1835. In questa e nelle collezioni successive, pubblicate ogni Natale, Andersen aveva iniziato ispirandosi alle storie che aveva sentito da bambino ma traendone racconti originali. Il terzo volume, pubblicato nel 1837, conteneva La Sirenetta e I vestiti nuovi dell'Imperatore. Tra le altre favole più note di Andersen troviamo Il brutto anatroccolo, Piccolo Claus e Grande Claus, La Principessa sul pisello, La Regina delle Nevi, L'usignolo e Il soldatino di latta.
Con i suoi lavori, ispirati alla grande tradizione delle Mille e una Notte da una parte ed ai Racconti del Focolare dei Fratelli Grimm dall'altra, divenne definitivamente noto come il padre della favola moderna.

Andersen esplorò nuove possibilità narrative, sia nello stile che nel contenuto, ed utilizzò idiomi e costruzioni della lingua parlata in un modo nuovo per la letteratura danese a lui contemporanea. In un periodo in cui le favole erano principalmente didattiche, egli introdusse l'ambiguità, diede voce a personaggi che spesso avevano un ruolo marginale, come i bambini e gli emarginati, che nei suoi racconti hanno la funzione di amplificare il pensiero di Andersen sulle questioni morali: ‘“ Ma è nudo!”, disse infine un bambino.”

L'identificazione di Andersen con gli emarginati e i meno fortunati rendeva le sue favole particolarmente avvincenti. Alcune delle sue storie rivelavano un'ottica più che ottimista nel trionfo del bene, come La Regina delle Nevi e Il brutto anatroccolo, ed altre mancavano di lieto fine, come La piccola fiammiferaia.
Con La Sirenetta, una delle opere più note dello scrittore, Andersen esprime il desiderio di una vita normale, che lui non aveva mai avuto la possibilità di vivere. Nella favola la più giovane di sei principesse/sirene desidera ardentemente visitare la terraferma, nonostante fosse vietato agli abitanti degli abissi. Ma la realizzazione del suo desiderio diviene, alla fine, causa di grande dolore:

"Sapeva che quella era l'ultima sera in cui avrebbe visto colui per il quale aveva abbandonato il suo popolo, la sua casa, la sua voce straordinaria, ed aveva sofferto quotidianamente un tormento senza fine - e lui non ne aveva idea. Questa era l'ultima notte nella quale avrebbe respirato la sua stessa aria, o ammirato il mare profondo o il cielo stellato. Una notte eterna senza sogni l'attendeva, perchè lei non aveva un'anima e non poteva guadagnarne una." (trad. L.W. Kingsland).

Le favole di Andersen furono tradotte in tutta Europa, con ben quattro edizioni pubblicate in Inghilterra solo nel 1846. I suoi lavori influezarono, tra gli altri, Charles Dickens (A Christmas carol in prose, The Chimes, The cricket on the hearth The haunted man and the ghost's bargain), Willam Thackeray e Oscar Wilde (The happy Prince, The nightingale and the rose, The fisherman and his soul), C.S. Lewis, Isak Dinesen, P.O. Enquist, la cui commedia, Rainsnakes, era incentrata su Andersen, Cees Noteboom, e molti altri scrittori. Elias Bredsdorf lamentò nel suo libro Hans Christian Andersen: The story of his life and work (1975), che le favole di Andersen erano state edulcorate e travisate dai traduttori britannici dell'epoca vittoriana.

L'ultimo amore non corrisposto di Andersen fu la cantante svedese Jenny Lind, che incontrò per la prima volta nel 1840. Jenny era la figlia illegittima di una direttrice scolastica. Secondo le sue parole, all'età di nove anni era una "brutta ragazzina con un gran nasone, timida e impacciata, e del tutto sottosviluppata." All'età di diciotto anni esordì come cantante con una potente voce di soprano. Il brutto anatroccolo divenne, tra le fiabe Andersen, la preferita di Jenny, e L'usignolo è considerato un tributo alla cantante, soprannominata "l'usignolo svedese".
"Addio," gli scrisse nel 1844, "Dio benedica e protegga il mio fratello come desidera la sua devota sorella, Jenny". Andersen non si sposò mai.

Tra il 1840 ed il 1857 Andersen intraprese viaggi attraverso l'Europa, l'Asia Minore e l'Africa annotando impressioni ed avventure in numerosi diari di viaggio. Scrisse e riscrisse le sue memorie, La favola della mia vita, ma l'edizione di riferimento è considerata quella del 1855. Durante i suoi viaggi lo scrittore si sentiva più rilassato e poteva prendersi più libertà di quando si trovava a Copenhagen, dove tutti lo conoscevano. All'età di sessantadue anni andò a Parigi, dove visitò un bordello. "Poi mi recai improvvisamente in un mercato della carne – una di loro era coperta di cipria, un'altra una popolana, una terza una signora. Io le parlai, pagai dodici franchi e me ne andai, senza avere peccato con le mie azioni, anche se oso dire di averlo fatto con i miei pensieri. Lei mi chiese di tornare, disse che io ero in verità molto innocente per essere un uomo." (da Hans Christian Andersen: The life of a storyteller di Jackie Wullschlager, 2001)

Andersen morì a Rolighed nella sua casa il 4 agosto dell'anno 1857.

La sua opera appare innovativa non solo nello stile ma anche nei contenuti: Andersen usò infatti un linguaggio quotidiano ed espresse nelle fiabe pensieri e sentimenti fino ad allora ritenuti estranei alla comprensione di un bambino, attraverso le vicende di re e regine storici o leggendari, ma anche di animali, piante, creature magiche e persino di oggetti.
Alcuni fra i suoi titoli più noti sono: Il brutto anatroccolo, "Il vestito nuovo dell'Imperatore"., La regina delle nevi, Scarpette rosse e La sirenetta.
Le fiabe di Andersen sono state tradotte in tutte le lingue e hanno ispirato innumerevoli opere teatrali, balletti, film, nonché opere d'arte figurativa.

Le Fiabe Andersen:

•La sirenetta
•La pricipessa sul pisello
•Il vestito nuovo dell'imperatore
•Il soldatino di piombo
•La regina delle nevi
•L'acciarino magico
•Il brutto anatroccolo
•L'usignolo dell'imperatore
•Il baule volante
•Il custode dei maiali (il guardiano dei porci)
•Il sale
•Il lino
•La pastorella e lo spazzacamino
•La diligenza a 12 posti
•Fiori piccola Ida
•La settimana di un piccolo elfo
•Cigni selvatici
•La piccola fiammiferaia
•L'angelo
•La favola dell'Abete
•Le scarpette rosse
•Pollicina

Fiabe classiche -3-

Fiabe classiche
Le favole ormai diventate tradizione e patrimonio comune, universalmente conosciute. I classici da racconatre ai bambini.
In questa pagina trovi le fiabe classiche, catalogate in ordine alfabetico. Nel caso invece tu voglia effettuare una ricerca per autore puoi visitare la sezione autori di fiabe.

Da Pinocchio alla Bella addormentata nel bosco, dalla Sirenetta alla Bella e la bestia, tante fiabe molto spesso diventate anche cartoni animati e film.
Vola la fantasia con il racconto e la lettura di questi classici della narrativa.

Il pescatore

Pescatore che vai sul mare,
Quanti pesci puoi pescare?
Posso pescarne una barca piena
con un tonno e una balena.
Ma quel ch' io cerco nella rete
forse voi non lo sapete:
Cerco le scarpe del mio bambino
che va scalzo, poverino.
Proprio oggi ne ho viste un paio
Nella vetrina del calzolaio:
Ma ce ne vogliono di sardine
per fare un paio di scarpine.
Poi con due calamaretti
gli faremo i legaccetti.

Gianni Rodari - Filastrocca Il pescatore


SCEGLI LE FIABE PER AUTORE

Chi sono: i maggiori autori di favole, fiabe e racconti per bambini.
Se cercate una storia, un racconto, una fiaba, un brano che parli al vostro cuore e vi regali un sorriso, cercate tra questi autori, da Andersen ai Fratelli Grimm, tra le loro opere. La fiaba di ogni scrittore è un testo di valore inestimabile, per noi e per chi le racconta. Mondi incantati e favole animate con una morale dietro ogni avventura e personaggio.

La volpe e il corvo (Esopo)


La volpe e il corvo (Esopo)
Un corvo aveva rubato un pezzo di carne ed era andato a posarsi su di un albero. Lo vide la volpe e le venne voglia di quella carne. Si fermò à suoi piedi e cominciò ad adularlo, facendo grandi lodi del suo corpo perfetto e della sua bellezza, della lucentezza delle sue penne, dicendo che nessuno era più adatto dì lui ad essere il re degli uccelli, e che lo sarebbe diventato senz'altro, se avesse avuto la voce.
Il corvo, allora, volendo mostrare che neanche la voce gli mancava, si mise a gracchiare con tutte le sue forze, e lasciò cadere la carne. La volpe si precipitò ad afferrarla e beffeggiò il corvo soggiungendo: "Se, poi, caro il mio corvo, tu avessi anche il cervello, non ti mancherebbe altro, per diventare re".

Chi si compiace degli elogi altrui troppo adulatori, finisce col pentirsene vergognandosi.
E' molto facile credere a quello che ci fa piacere sentire.... su qualsiasi argomento...

Perchè i corvi sono neri

Fiabe e leggende indiane, degli indiani d'America.
Perchè i corvi sono neri
(una leggenda indiana)

Nei giorni lontani, quando la terra e la gente su di essa erano state create da poco, tutti i corvi erano bianchi come la neve.
In quei tempi antichi la gente non aveva ne cavalli, ne armi da fuoco, ne armi di ferro.
Tuttavia si procurava cibo , a sufficienza per sopravvivere cacciando il bufalo.
Ma cacciare i grossi bufali a piedi con armi che avevano punte in pietra era duro, aleatorio e pericoloso.
I corvi rendevano le cose ancora più difficili per i cacciatori per che erano amici dei bufali.
Librati alti nell'aria, vedevano tutto quello che succedeva nella prateria. Ogni volta che notavano dei cacciatori avvicinarsi ad una mandria di bufali, volavano dai loro amici e, appollaiati tra le loro corna, davano l'allarme:
" Caw, caw, caw, cugini, stanno venendo dei cacciatori. Stanno avanzando furtivamente attraverso quella gola laggiù. Stanno salendo dietro quella collina. State attenti! Caw, caw, caw! ".
Allora, i bufali fuggivano in disordine, e la gente soffriva la fame.
La gente tenne un consiglio per decidere che cosa fare.
E bene, tra i corvi ce n'era uno veramente enorme, due volte più grosso di tutti gli altri. Quel corvo era la loro guida. Un vecchio e saggio capo si alzò e diede questo suggerimento " Dobbiamo catturare il grosso corvo bianco ", disse, " e dargli una lezione. O farlo o continuare a soffrire la fame ".

Portò fuori una grande pelle di bufalo, con la testa e le corna ancora attaccate.
La mise sulla schiena di un giovane coraggioso, e disse:
« Nipote, insinuati tra i bufali. Penseranno che tu sia uno di loro, e potrai catturare il grosso corvo bianco Camuffato da bufalo, il giovane strisciò tra la mandria come se stesse pascolando.
Le grosse bestie pelose non gli prestarono nessuna attenzione. Allora i cacciatori uscirono dall'accampamento dietro di lui, con gli archi pronti. Come avvicinarono alla mandria, i corvi arrivarono volando, come al solito, dando l’allarme ai bufali:
"Caw, caw, caw, cugini, i cacciatori arrivano per uccidervi. Fate attenzione alle loro frecce. Caw, caw, caw!"
e come al solito tutti I bufali fuggirono via in disordine : tutti, cioè , eccetto il giovane cacciatore camuffato sotto la sua pelle pelosa, il quale faceva finta di continuare a pascolare come prima.
Allora il grosso corvo bianco venne giù planando, si appollaiò sulle spalle del cacciatore e sbattendo le ali disse :
" Caw , caw , caw , sei sordo, fratello? I cacciatori sono vicini , appena sopra la collina . Mettiti in salvo !" .
Ma il giovane coraggioso si allungò da sotto la pelle di bufalo ed afferrò il corvo per le zampe .Con una corda di pelle grezza legò le zampe del grosso uccello ed allacciò l’altro capo ad una pietra. Per quanto si dibattesse , il corvo non potè fuggire.
La gente sedette nuovamente in consiglio : " Cosa ne dovremo fare di questo grosso uccello cattivo , che ci ha fatto soffrire cento volte la fame?".
" Lo brucerò all’istante!" rispose un cacciatore arrabbiato, prima che qualcuno potesse fermarlo, tirò via con uno strattone il corvo dalle mani di quello che l’aveva catturato e lo ficcò nel fuoco del consiglio, corda , pietra e tutto quanto .
"Questo ti servirà di lezione" , disse.
Naturalmente la corda che teneva la pietra bruciò quasi subito, ed il grosso corvo riuscì a volare via dal fuoco.
Ma era malamente bruciacchiato , ed alcune sue penne erano carbonizzate . Benché fosse ancora grosso , non era più bianco .
" Caw , caw , caw , " gridò , volando via più velocemente che potè :" Non lo farò mai più , non darò più l’allarme ai bufali , e così farà tutta la nazione dei corvi . Lo prometto! Caw , caw , caw "
Così il corvo fuggì. Ma da allora tutti i corvi furono neri.

La scimmia e la tartaruga

La scimmia e la tartaruga
(una leggenda indiana)

Compare Tartaruga si annoiava da morire: i giorni passavano sempre uguali.
Il mare si estendeva all'infinito, le onde succedevano alle onde.
Nessuno veniva mai a rallegrare la sua vita monotona, tranne qualche volta una balena
o un gruppo di delfini, che passavano in lontananza, al largo dell'isola.
Un giorno, scorse una scimmia che si rimpinzava di banane.
"Perché cercare un amico nel mare?" pensò la tartaruga.
"Compare Scimmia sembra un compagno ideale, certamente più simpatico di un granchio!".
"Buongiorno Compare Scimmia! Vorresti essere mio amico?"
"Buongiorno Compare Tartaruga! Certamente!".
Da quel giorno trascorsero insieme tutto il loro tempo; la tartaruga non si era mai divertita tanto.

Un giorno la scimmia la invitò ad assaggiare le banane. Un altrogiorno le disse:
"Vieni, ti insegnerò ad arrampicarti sugli alberi!".
La sera, Compare Scimmia raccontò alla moglie: "Ah! Come mi sono divertito!
Avresti dovuto vederlo mentre si arrampicava su un albero!
Compare Tartaruga è il mio migliore amico!".
Anche Compare Tartaruga disse alla moglie: "Che amico meraviglioso!
Come mi annoiavo prima di conoscerlo!".
Ma Comare Tartaruga non condivideva la sua gioia e pensava: "Mio marito sta sempre con il suo nuovo amico. Devo sbarazzarmi di questa maledetta scimmia!"
Una sera, Compare Tartaruga trovò la moglie a letto. "Sei malata?".
"Sì, molto malata; il dottore ha detto che sto per morire e che l'unico modo per salvarmi è mangiare il cuore di una scimmia!".
"Il cuore di una scimmia! Ma dove potrò trovarlo? L'unica scimmia che conosco è il mio amico!".
"Allora, non mi resta che morire!" disse Comare Tartaruga con voce fioca.
Compare Tartaruga era disperato. Rifletté a lungo e infine decise che avrebbe sacrificato il suo amico.
Lentamente, si diresse verso la casa di Compare Scimmia.
"Buongiorno, Compare Tartaruga! Che piacere rivederti! Qual buon vento ti porta?".
"Mia moglie vorrebbe invitarti a cena questa sera, verrai?".
"Certo, volentieri!". La scimmia seguì allegramente il suo amico fino in riva al mare, ma non poteva continuare non sapendo nuotare.
"Sali sul mio guscio! - gli disse la tartaruga - Ti porterò io!".
La scimmia si aggrappò al guscio lasciandosi trasportare tra le onde.
Avrebbe voluto chiacchierare ma l'altro non rispondeva:
"Mi sembri molto triste e silenzioso! Cosa ti è successo? Racconta: farei qualsiasi cosa per te!".
"Ah, amico mio - finì per confessare Compare Tartaruga - c'è solo un sistema per salvare mia moglie, e cioè che tu mi dia il tuo cuore!".
"Ahi! - pensò la scimmia - "ho detto qualsiasi cosa, ma c'è un limite a tutto!
Come faccio a risolvere la situazione? Compare Tartaruga può farmi annegare da un omento all'altro!"

D'improvviso, si colpì la fronte.
"E' terribile! Ti darei volentieri il mio cuore, ma dobbiamo tornare indietro a prenderlo!".
"Il tuo cuore non si trova nel tuo petto?".
"Come? - esclamò la scimmia - Non sai che le scimmie lasciano il cuore in una brocca, accanto alla loro casa, prima di intraprendere un viaggio?".
La tartaruga si fermò e disse: "Ma come facciamo?".
"È molto semplice! Riportami sull'isola e andrò a prendere il mio cuore!".
La tartaruga tornò indietro, la scimmia saltò sulla riva e si arrampicò rapida su un albero.
"Uff! Sono salvo! Mi hai spaventato!".
"Ma - gridò la tartaruga - e il cuore che mi hai promesso?".
"Il cuore? Non sei abbastanza furbo, Compare Tartaruga.
Batte nel mio petto, naturalmente, e ci tengo molto! Addio!".
Compare Tartaruga ritornò triste a casa: aveva perso un amico, ma ebbe almeno la consolazione di veder guarita la moglie.
(Leggenda indiana)

Fiabe e Favole del mondo -2-

Fiabe e Favole del mondo


La raccolta di fiabe e leggende provenienti dai diversi paesi del mondo, dall'Africa all'India, dalla Russia all'Irlanda. Tante fiabe e favole tipiche dei continenti e delle nazioni di tutto il mondo.


Sono fiabe molto belle e originali, ci parlano e raccontano i diversi continenti e usanze, le credenze e le tradizioni tipiche locali.


Le fiabe e le favole delle varie nazioni sono ricche di fantasia, talvolta comica, altre volte grottesca, ma sempre straordinariamente avvincente.


Queste fiabe riflettono la vita dei luoghi dai quali provengono, per esempio le fiabe africane raccontano spesso di vita difficile e dura, le fiabe indiane di luoghi e atmosfere tipiche...


Scopri la ricchezza culturale che può provenire da altre tradizioni, da altre persone anche distanti dalla nostra vita quotidiana. La ricchezza di società multi-etniche, raccontiamo e leggiamo le fiabe e le favole di tutto il mondo, anche contro il razzismo.


Gli indiani d'America.
Prima dell’arrivo di Colombo in America, la popolazione degli indiani (così chiamati perché il navigatore genovese credette di esser giunto in India) assommava a circa 5 milioni di persone. Nel 1890 gli indiani erano meno di 250.000. Nello stesso periodo, la popolazione bianca degli Stati Uniti passò da O a 75 milioni. Mentre si svolgeva questo processo, i bianchi occuparono abusivamente i territori ancestrali degli indiani stabiliti da secoli nel continente, e distrussero sia il delicato equilibrio della loro economia, sia remoti sistemi di vita.


Avvenimenti fondamentali come la rimozione delle tribù sud-orientali in quello che veniva chiamato Territorio Indiano (futuro Stato di Oklahoma) negli anni 1830, la lunga marcia dei Navajo fino a Fort Sumner, dove furono imprigionati, nel 1864, e la tragedia di Wounded Knee nel 1890, caratterizzarono l'avanzata di una nuova cultura che, alla fine del secolo scorso, ne aveva spietatamente distrutta una molto più antica.


Fiabe indiane, leggende degli indiani nativi d'America.
Il rispetto della natura, degli animali e dell'ambiente circostante è rispecchiato nelle fiabe degli indiani d'America. Popolazioni ormai sparite, che hanno però lasciato tracce di saggezza e rispetto uniche al mondo

Favole e Fiabe 1 parte

Vuoi raccontare una fiaba ai bambini, oppure riscoprire il gusto dell'avvantura, del racconto, di quel mondo incantato che è la favola?

Fiabe e Favole per bambini
La fiaba è un tipo di narrazione i cui protagonisti non sono quasi mai animali (tipici invece nella favola), ma creature umane, coinvolte in avventure straordinarie con personaggi dai poteri magici come fate, orchi, giganti e così via.

Le fiabe sono state tramandate oralmente, ma c'è chi le ha raccolte e trascritte dando loro una particolare struttura come Charles Perrault in Francia, i fratelli Grimm in Germania, e ai nostri tempi Italo Calvino in Italia e Aleksander Afanasiev in Russia. Gli inventori di fiabe sono invece il danese Hans Christian Andersen, l'italiano Collodi (Pinocchio), l'inglese James Matthew Barrie (Peter Pan).

Le fiabe, da sempre considerate patrimonio della letteratura infantile e relegate in posizione subalterna rispetto ad altri testi, sono state attualmente rivalutate dalla scienza antropologica attraverso lo studio delle tradizioni popolari e delle culture orali

L'ALBERO E IL FIORE


L'ALBERO E IL FIORE

L'albero si stiracchiò nel nuovo giorno, lasciò che il vento caldo dell'estate gli scompigliasse le fronde, poi si chinò un poco e salutò il giovane fiore azzurro ai suoi piedi.

"Bella giornata, vero?" disse l'albero.

"Per me sono tutte uguali"
rispose il fiore
"l'importante è che faccia caldo, sennò corro il rischio di appassire prima del tempo!"

"Oh, questa gioventù!

Non capisce proprio niente!

Nessun giorno è uguale ad un altro, piccolo fiore: il tocco del vento è più o meno dolce; l'odore dell'aria, la luce del sole sono diversi ogni giorno!

E la gente che si siede sotto la mia ombra ora è felice, ora triste o disperata o disillusa.

Come puoi dire che i giorni sono tutti uguali?!

Prova a stare più attento a ciò che ti accade attorno e ti accorgerai di come ti sbagli!"

"Scusa, non volevo farti arrabbiare!"

Mormorò il fiore un po' intimorito dal tono minaccioso dell'albero...

"forse hai ragione, ma io non ho mai fatto caso a tutte le cose di cui hai parlato!"

"Beh, allora ti racconterò qualcuno dei miei giorni e ti accorgerai che vale proprio la pena di fare più attenzione alla vita che ci gira intorno!

Tu sai che io sono molto vecchio, ho vissuto anni ed anni, ho visto la gioia ed il dolore attraversare il mondo, ho assistito ai progressi dell'uomo e alla sua stupidità, alle guerre, alle grandi scoperte.

Anche dovendo stare sempre qui fermo, gli echi degli accadimenti del mondo sono arrivati alle mie orecchie tramite le parole della gente, i giornali lasciati qui sotto e ciò che ho potuto vedere con i miei occhi.

Ho vissuto storie d'amore insieme a ragazzi che cercavano la mia ombra.

Ho assistito alla morte silenziosa di un vecchio stanco e alla morte violenta di un giovane.

Ho ascoltato discorsi di filosofia, di arte e di vita comune.

Ho ascoltato il pianto di una donna per il suo amore infelice, quello di un uomo che non riusciva a trovare un lavoro per mantenere i suoi figli...

Ho ascoltato, impotente, la trama di un omicidio.

Ho assistito all'arresto di un uomo e al dolore di sua madre.

Ho vissuto anch'io un po' della vita degli uomini che è così complessa, ma così bella.

Non mi sono limitato a parlare col vento e col sole e con le nuvole, piccolo fiore!

Cerca di fare altrettanto e ti accorgerai che la tua vita durerà di più, vivrai il tuo giorno come se fossero mille!"

Il vecchio albero si voltò verso il fiore per accertarsi che avesse capito, ma il fiore aveva finito il suo giorno, aveva reclinato il capo sullo stelo.

L'albero, però, fu sicuro di intravedere ciò che rimaneva di un sorriso.

DIFFERENZA FRA FIABE E FAVOLE

DIFFERENZA FRA FIABE E FAVOLE

Esiste una differenza tra fiabe e favole. In entrambi i casi si tratta di brevi narrazioni in prosa o in versi.
La favola ha come protagonisti immaginari animali, piante o esseri inanimati cui si attribuiscono virtù e vizi umani, e i suoi contenuti hanno spesso intenti didascalici o morali.
La fiaba, invece, dove i protagonisti sono solitamente esseri umani alle prese con entità sovrannaturali (streghe, fate, gnomi, orchi ecc.) e oggetti dotati di virtù magiche, svolge più semplicemente una funzione di intrattenimento infantile.

Entrambi i tipi di narrazione hanno comunque strutture molto simili, come rivela del resto la comune etimologia latina, fabula, un termine che deriva dal verbo fari (parlare) e che richiama dunque l'importanza della comunicazione orale in questo genere espressivo.

La differenziazione tra favola e fiaba può essere considerata come un'evoluzione diversa del medesimo genere in contesti culturali differenti: la favola è più vicina a tradizioni classiche e mediterranee; la fiaba risente maggiormente delle influenze folcloristiche delle civiltà nordiche.

La favola Tra le più antiche favole di animali troviamo quelle del greco Esopo (VI secolo a.C.), ampiamente diffuse nel mondo greco e latino, dove furono riprese da Fedro (I secolo d.C.). In età bizantina, la raccolta curata dal monaco Massimo Planude costituì per molto tempo una delle principali fonti di conoscenza della favolistica antica.

La più famosa raccolta indiana, il Pañcatantra (IV secolo ca. d.C.), venne tradotta in oltre cinquanta lingue esercitando notevoli influssi sulle letterature occidentali.

In età medievale, quando gli intenti della favola divennero più esplicitamente moraleggianti, gli esempi più interessanti comparvero nella letteratura francese, dove, oltre alle favole di Maria di Francia (XII secolo), troviamo il Roman de Renart, satira su vizi e debolezze della società dell'epoca.

La favola ebbe la massima affermazione nel Seicento, ancora in Francia, nell'opera di La Fontaine (1668-1694), i cui contenuti non sono più subordinati all'esposizione della morale conclusiva, ma diventano narrazioni autonome.

Nel Settecento i principi teorici del genere favolistico vennero esposti dal tedesco Gotthold Ephraim Lessing, mentre il poeta inglese John Gay scrisse favole particolarmente briose e originali. Dello spagnolo Tomás de Iriarte y Oropesa si ricordano le Fábulas literarias (1782).

La fiaba Nell'Ottocento furono pubblicate le fiabe del famoso scrittore danese Hans Christian Andersen, molte delle quali sono in realtà favole.

Negli Stati Uniti, a partire dalle Fables in Slang (1890), di George Ade, si sviluppò una particolare forma di favola contemporanea, i cui autori principali furono Ambrose Bierce, James Thurber e William Saroyan.Tra le più importanti raccolte di fiabe ricordiamo: Lo cunto de li cunti (1634-1636) del napoletano Basile, I racconti di Mamma Oca (1697) del francese Perrault, le famosissime Fiabe per bambini e famiglie (1812-1824) dei fratelli Grimm, le Fiabe popolari russe (1863) di Alexandr Afanas'ev e le Fiabe irlandesi di William Butler Yeats.

Di notevole interesse sono inoltre le Fiabe italiane regionali (1956) raccolte e rielaborate da Italo Calvino, e molto istruttivi sono tutti i libri di favole e filastrocche dello scrittore per l'infanzia Gianni Rodari. Un indispensabile punto di riferimento nell'analisi delle strutture e dei motivi ricorrenti nel racconto di magia è la Morfologia della fiaba -192 di Vladimir Propp.-